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L’università Sapienza prima negli Studi Classici: “Ecco perché siamo i migliori al mondo”

L’università Sapienza di Roma ha ottenuto il primo posto mondiale nella materia Classics and Ancient History, secondo il report 2025 del QS World University Rankings by Subject. Fanpage.it ha intervistato la professoressa Francesca Romana Stasolla, direttrice del Dipartimento di Scienze dell’Antichità, per capire i segreti di questo successo.
A cura di Enrico Tata
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Per il quinto anno consecutivo, l’Università Sapienza di Roma ha ottenuto il primo posto mondiale nella materia Classics and Ancient History, secondo il report 2025 del QS World University Rankings by Subject. Un risultato di grande prestigio per l'ateneo romano. Fanpage.it ha intervistato la professoressa Francesca Romana Stasolla, direttrice del Dipartimento di Scienze dell'Antichità e Professore ordinario di Archeologia Cristiana e Medievale alla Sapienza, per capire i segreti di questo successo e l'importanza degli studi classici nel panorama accademico e professionale attuale.

Professoressa, questo è il quinto anno consecutivo in cui la Sapienza conquista il primo posto mondiale negli studi classici. Qual è, secondo lei, la chiave di questo successo?

Il merito principale va sicuramente ai colleghi e ai ricercatori del nostro dipartimento. La classifica QS tiene in grande considerazione la reputazione accademica, e il livello di eccellenza che siamo riusciti a mantenere si basa proprio sull’impegno di tutti i membri del nostro staff. La qualità della ricerca, l'insegnamento e la passione che anima questo dipartimento hanno reso possibile questo riconoscimento. È un successo collettivo.

Gli studi classici sono spesso percepiti come poco utili nel mondo del lavoro moderno, eppure la vostra posizione dimostra il contrario. Quali sono gli sbocchi professionali per chi studia queste discipline e perché continuano ad essere rilevanti?

Gli sbocchi professionali per i nostri laureati sono molti e diversificati. Le tre anime del nostro dipartimento – filologia, storia e archeologia – aprono porte non solo nell’insegnamento, ma anche nell’editoria, nel giornalismo, nelle risorse umane e, ovviamente, nel lavoro sul campo per quanto riguarda l’archeologia. Ma oltre alle opportunità lavorative, quello che ritengo più importante è che gli studi umanistici aiutano a sviluppare il senso critico e la capacità di interpretare il presente attraverso una comprensione profonda del passato. Questo è fondamentale per affrontare le sfide attuali con maggiore consapevolezza.

Quanto la posizione geografica, Roma e le sue meraviglie, influisce sul successo del vostro dipartimento?

Roma è sicuramente una risorsa straordinaria. La vicinanza a siti storici e archeologici di tale importanza è un vantaggio unico. Tuttavia, il nostro lavoro si estende ben oltre i confini della città. Il dipartimento opera in tutto il mondo, con progetti che coinvolgono i nostri studiosi in Turchia, Siria, Africa e in molte altre aree del Mediterraneo e dell’Asia. Io stessa mi trovo attualmente a Gerusalemme per un progetto di scavo al Santo Sepolcro, e questo tipo di attività internazionale arricchisce enormemente il nostro dipartimento e offre ai nostri studenti un'esperienza formativa di ampio respiro.

Quindi gli studenti hanno un ruolo attivo in questi progetti internazionali?

Assolutamente si. Gli studenti sono parte integrante dei nostri progetti, sia sul campo per quanto riguarda l’archeologia, sia nei lavori di ricerca di filologi e storici. Vengono introdotti gradualmente, ma con il tempo assumono un ruolo sempre più rilevante all’interno delle nostre ricerche.

Parlando di innovazione, c'è un’integrazione delle nuove tecnologie negli studi classici?

Le nuove tecnologie sono ormai imprescindibili, anche nel nostro campo. La ricerca è sempre più interdisciplinare, e l’integrazione delle tecnologie digitali e scientifiche è fondamentale per avanzare. Che si tratti di analizzare testi antichi, studiare reperti o realizzare rilievi topografici, le tecnologie ci permettono di fare scoperte che altrimenti sarebbero impossibili. Lavoriamo a stretto contatto con esperti di vari settori tecnologici per arricchire le nostre ricerche.

In un mondo dominato dalle discipline STEM, qual è la sfida per chi studia l'antichità?

La sfida è mantenere il nostro ruolo centrale nella consapevolezza collettiva. Gli studi classici rappresentano le fondamenta della nostra cultura e della nostra identità, e dobbiamo essere un faro che guida l'interpretazione del passato e, di conseguenza, di noi stessi. In questo senso, la nostra sfida è continuare a dimostrare che una comprensione profonda del passato è essenziale per affrontare il futuro.

Quale pensa che sia il futuro della ricerca negli studi classici? Ci sono aree ancora poco esplorate?

Sia le fonti storiche e letterarie che l’archeologia offrono ancora vasti campi da esplorare. Non solo ci sono aree inesplorate, ma anche i testi e i reperti già noti possono essere riletti alla luce di nuove conoscenze e tecnologie. Pensiamo, ad esempio, all'uso delle tecnologie nella lettura di documenti o nella topografia archeologica. C'è ancora molto da scoprire, e ogni nuova scoperta apre la porta a ulteriori interrogativi e nuove ricerche.

Attualmente è a Gerusalemme per un progetto di scavo al Santo Sepolcro. Di cosa vi state occupando nello specifico?

Stiamo lavorando al complesso del Santo Sepolcro, un progetto che coinvolge non solo archeologi, ma anche filologi e storici del nostro dipartimento. C'è ancora molto da scoprire, ogni nuova fase di scavo o studio genera nuove domande e ulteriori possibilità di ricerca. La ricerca è un processo continuo, e ogni scoperta apre nuove strade da esplorare.

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